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Chi ha detto che in centro a Milano non si possa vendemmiare?

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A Milano, uno storico cortile protegge e custodisce i tralci di una vite secolare aggrappata a un antico mulino del Cinquecento, in questo contesto unico, il pergolato d’uva fragola ombreggia in estate ed emoziona con i suoi colori d’autunno.

Un luogo magico ricco di storia che ha accolto domenica 14 settembre oltre 150 invitati per una isolita vendemmia urbana in un contesto tutto meneghino: DISCO GRAPES, un progetto nato dalla collaborazione di GIROIDEA – Comunicazione d’Impresa Multicanale, GASTRONOMIST – Consulting Community e ilVINAUTA – enoteca online. L’evento è stato organizzato a sostegno dell’istituzione 2014 – Anno Europeo contro lo spreco alimentare con lo scopo di raccogliere l’uva dal vitigno secolare e comporre macedonie di frutta, recuperata da magazzini ortofrutticoli e supermercati che l’avrebbero buttata per la chiusura domenicale. Ma non solo: a ritmo di musica gli ospiti hanno potuto assaporare freschi centrifugati e gelati artigianali offerti da William Legati di COOL – Gelateria Naturale di Concorezzo (MB).

Una ricca selezione di prodotti gastronomici è stata presentata da Jennifer Cordin e Umberto Diamante di LOVEATWELL – Cultura Italiana del Cibo tra cui i formaggi di fossa del maestro affinatore Renato Brancaleoni della Fossa dell’Abbondanza – Roncofreddo (FC). I vini selezionati da ilVINAUTA sono stati degustati insieme a sommelier professionisti mentre i liquori biodinamici di Matteo e Dario Laugero di PALENT – San Damiano Macra (CN) sono stati preparati secondo le più recenti tecniche della mixology.

Schermata 2014-09-16 alle 20.20.53In questa occasione speciale, i docenti Silvia Dondi e Luca Govoni di ALMA – La Scuola Internazionale di Cucina Italiana retta dal Maestro Gualtiero Marchesi, hanno tenuto una lezione di degustazione e storia del vino presentando il Corso Superiore di Sommellerie e il Master ALMA-AIS. La giovane e brillante chef Lorenza Alcantara, concorrente della prima edizione di Hell’s Kitchen Italia, ha intrattenuto con uno showcooking preparando deliziosi e particolari abbinamenti, ispirata al momento dalla materia prima d’eccezione: la freschissima uva fragola e le prelibatezze in degustazione.

Musica selezionata ha accompagnato la vendemmia e allietato il pomeriggio. E’ stato possibile ammirare, all’interno della galleria d’arte e associazione culturale Renzo Cortina, una particolare installazione di alcuni pezzi esclusivi appartenuti a Freddie Mercury e ai QUEEN della collezione privata di Stefano Pesenti: un esempio di come una intelligente comunicazione food può diventare un mezzo strategico e vincente nella divulgazione di tematiche non strettamente connesse al cibo.

Uno scorcio rurale nella metropoli più cosmopolita d’Italia: il profumo dell’uva fragola, la soleggiata vendemmia in un pomeriggio di fine estate, attimi pacifici e sereni abbinati a deliziosi dettagli gourmet ed approfondimenti culturali, un nuovo modo di organizzare eventi nella informale semplicità della condivisione e convivialità.

Siamo bravi, belli e buoni. O almeno siamo convinti di esserlo! Amiamo cucinare, mangiare, bere, viaggiare, fotografare, conoscere e, in generale, ci lasciamo attrarre da tutto quel che merita un approfondimento. Viviamo lasciandoci calamitare da tutto ciò che piace e ci impegniamo a raccontarlo nel migliore dei modi. Altre nostre grandi passioni: gli animali domestici, l'orticoltura, gli alimenti genuini e sani e l'attività fisica. Come puoi interagire con noi? Scrivici a redazione@zedmag.it

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Vino e ristoranti: nuove tendenze tra restrizioni stradali e alternative dealcolate

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Il rapporto tra vino e ristorazione sta vivendo una fase di trasformazione, spinto sia dall’evoluzione delle abitudini dei consumatori sia dalle recenti restrizioni introdotte dal Codice della strada. Se da un lato la passione per il vino rimane una costante nelle esperienze gastronomiche fuori casa, dall’altro emergono nuove dinamiche di consumo, con una crescente attenzione alla moderazione e alla qualità.

Il peso delle restrizioni sul consumo di vino al ristorante

Le nuove normative sulla sicurezza stradale, che inaspriscono le sanzioni per chi guida dopo aver bevuto, stanno incidendo sulle scelte dei clienti nei ristoranti. Sempre più spesso, infatti, si tende a ridurre il consumo di alcolici per evitare rischi e conseguenze legali, specialmente tra coloro che si spostano in auto. Questa situazione ha portato a un aumento delle richieste di calici al posto della bottiglia intera e a una maggiore attenzione ai vini con una gradazione alcolica più bassa. Inoltre, cresce la tendenza a scegliere alternative come cocktail analcolici, birre senza alcol e – tendenza più recente – i vini dealcolati.

Vini dealcolati: un’alternativa credibile o un’eresia enologica?

La crescita dell’offerta di vini dealcolati sta suscitando un acceso dibattito tra appassionati e addetti ai lavori. Da una parte, questo segmento risponde a una domanda sempre più forte di alternative più leggere, sia per ragioni di salute sia per la necessità di poter gustare un calice senza preoccuparsi delle implicazioni sulla guida. Dall’altra, resta il nodo della qualità organolettica: privare un vino della sua componente alcolica significa inevitabilmente modificarne il profilo aromatico e il corpo, spesso con risultati poco convincenti.

Pur riconoscendo il valore di un’innovazione che mira a includere una fascia di consumatori più ampia, il rischio è quello di snaturare l’identità del vino stesso. La componente alcolica, infatti, gioca un ruolo essenziale nell’equilibrio e nella persistenza gustativa. Se le tecniche di dealcolazione miglioreranno, forse i vini dealcolati potranno conquistare un pubblico più vasto, ma per ora restano un compromesso più funzionale che emozionante.

Andremo verso un consumo più consapevole e diversificato?

Le tendenze attuali indicano una crescente consapevolezza dei consumatori, che scelgono con maggiore attenzione cosa bere e in che quantità. Il calice al ristorante resta un piacere irrinunciabile, ma con nuove regole e abitudini che pongono l’accento sulla moderazione. La ristorazione si sta adattando a questi cambiamenti, ampliando l’offerta e cercando di trovare il giusto equilibrio tra tradizione e nuove esigenze. Il vino dealcolato potrà forse ritagliarsi uno spazio, ma la vera sfida sarà mantenere viva l’emozione e la complessità che da sempre rendono il vino un protagonista indiscusso della tavola.

 

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Cin cin: come è nato il brindisi e la sua curiosa storia nel corso del tempo

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«Discorso! Discorso! Discorso!». Quante volte abbiamo intonato queste parole durante un brindisi? Per noi italiani il brindisi è una cosa seria e ogni occasione è buona per sollevare i bicchieri al ritmo di “cin cin”. Con questo semplice gesto si celebrano i momenti più importanti delle nostre vite e gli eventi che meritano di essere ricordati, si stringono nuove conoscenze e si consolidano vecchie amicizie.

Questa azione per noi così comune, in realtà, era già praticata dalle civiltà antiche: Assiri, Babilonesi, Egizi e Sumeri erano soliti brindare con coppe e bicchieri colmi di bevande alcoliche.

Vi sono testimonianze storiche secondo le quali, già nel VI secolo a.C., i Greci offrivano libagioni alle divinità. In contesti come questi, legati alla ritualistica religiosa, le bevande santificate, perlopiù vino, venivano versate su altari o in fosse scavate nel terreno per ingraziarsi gli dèi e gli esseri soprannaturali. Solo al termine del rito i partecipanti potevano consumare tali bevande e brindare alla loro e altrui salute.

Fu con l’affermazione e l’espansione dell’Impero romano nel bacino del Mediterraneo e nel cuore dell’Europa che il brindisi assunse un nuovo significato, molto più simile a quello odierno. Accanto ai riti religiosi, il brindisi, soprattutto in seno ai patrizi, divenne un gesto per celebrare noti personaggi o avvenimenti pubblici di riguardevole importanza. Durante i secoli dell’impero, ad esempio, quando in Senato veniva approvato un nuovo decreto si brindava in onore di Augusto, il primo imperatore. Chi prendeva parte a queste occasioni arrivava quasi sempre all’ubriacatura, alla perdita dei sensi e, molto spesso, anche del pudore.

Con la diffusione del cristianesimo il gesto di sollevare il calice al cielo tornò ad avere una valenza prettamente liturgica. Nella messa, in cui si ricorda l’ultima cena di Gesù, il vino diventa il simbolo del sangue di Cristo che, contenuto all’interno del calice, viene consacrato e mostrato ai fedeli. Il calice fu utilizzato fin dai primi tempi del cristianesimo per benedire il vino: i primi luoghi di culto erano ambienti comuni e il suo uso era legato alle suppellettili più diffuse, senza particolari prescrizioni riguardo alla materia o alla forma.

Il brindisi, nonostante la diffusione del cristianesimo, non perse il suo significato gioviale, ma, anzi, si arricchì di nuovi valori e utilità. In passato quando gli omicidi per avvelenamento erano pratica comune, era diffusa la credenza che il far tintinnare due bicchieri colmi di vino avrebbe assicurato la salubrità del liquido: un potenziale colpevole, infatti, non avrebbe rischiato che una piccola parte di vino avvelenato finisse nella sua coppa.

Nel corso del Medioevo il brindisi era un modo per tenere lontani i demoni e gli spiriti maligni: si riteneva che il tintinnio dei bicchieri, accompagnato a risa e grida, spaventasse questi esseri diabolici, in quanto simile ai rintocchi delle campane che annunciavano l’inizio della celebrazione eucaristica.

Questo gesto divenne così popolare che entrò, in maniera legittima, nella grande letteratura. Uno dei primi riferimenti scritti al brindisi, e in particolar modo al corrispettivo termine inglese toasting, si trova ne Le allegre comari di Windsor, la commedia firmata da Shakespeare. Sir John Falstaff, il protagonista, in una battuta esclama: «Vammi a prendere un quarto di vin cotto ed inzuppaci un buon crostino caldo». Questa pratica, che può sembrare strana, in realtà spiega in maniera eloquente l’origine della parola toasting: in passato era prassi comune intingere un tozzo di pane nel vino per far sì, almeno così si credeva, che assorbisse l’acidità della bevanda migliorandone il gusto. Il toasting, nel tempo, ha assunto quindi il significato di brindisi e ha portato alla nascita, in Inghilterra, del toastmaster, la persona incaricata durante gli eventi di presiedere ai brindisi.

Il crescente consumo di alcol in Europa e negli Stati Uniti, soprattutto a partire dal Settecento, portò alla nascita di movimenti e all’emanazione di leggi atti a ridurlo. Tra i più noti vi sono i Gin Acts, una serie di leggi sancite in Gran Bretagna tra il 1729 ed il 1751 per limitare il consumo di gin, e il Movimento per la temperanza, un movimento sociale diffusosi soprattutto nei Paesi di lingua anglosassone che promuoveva l’astinenza totale dalle bevande alcoliche.

Infine una curiosità altrettanto interessante: per scoprire l’origine del nostrano “cin cin” dobbiamo scomodare i commercianti cinesi. Nel XIX secolo i mercanti cinesi che intrattenevano scambi commerciali con i mercanti e i marinai inglesi erano soliti, prima di ogni trattativa, offrire del tè rivolgendosi a loro dicendo “qing, qing”, ovvero “prego, prego”. I commercianti britannici cominciarono a utilizzare questa espressione, in quanto frase benaugurante, durante i brindisi, la quale, per mezzo della nobiltà che ne venne contagiata, valicò i confini degli Stati italiani. Inoltre, il “cin cin” ha anche una valenza onomatopeica: la parola ricorda infatti il suono cristallino dei bicchieri che collidono.

 

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L’arte della miscelazione sa ammaliare: i grandi cocktail a base di gin

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Il mondo della miscelazione pullula di un numero incalcolabile di cocktail: ogni barman e ogni appassionato ha le proprie ricette e basta solo una piccola variazione – magari un ingrediente diverso, una decorazione differente o l’uso di un distillato al posto di un altro – perché ne possa nascere una nuova che va ad arricchire questo universo variegato. I cocktail a base di gin, negli ultimi anni, sono protagonisti di una vera e propria rinascita. Il gin, in quanto distillato estremamente versatile, è tornato a splendere nelle cocktail list dei locali e negli home bar. Il merito è da imputare al numero in costante aumento di gin che, di anno in anno, vedono la luce e alla dinamicità che caratterizza questo spirito: il sapore pungente e balsamico conferito dal ginepro e l’uso di diverse botaniche fanno sì che i cocktail a base di gin siano sempre più richiesti, bevuti e anche preparati a casa. Un ripasso non guasta mai: ecco, quindi, qui delle brevi presentazioni dei più conosciuti.

 

GIN TONIC

Un classico intramontabile e semplice da preparare, il gin tonic è il primo cocktail a cui si pensa quando si parla di gin. Per realizzarlo bastano solo tre ingredienti (che possono avere un’infinità di stili): gin, acqua tonica e limone. Il risultato è un drink di facile beva perfetto per l’aperitivo.

BRAMBLE

Originale e ammaliante per via del colore, il Bramble è un cocktail da aperitivo nato negli anni Ottanta a Soho, uno dei quartieri più alla moda di Londra. Si tratta di un sour dove gin, limone e zucchero sono amalgamati dal liquore alle more, che aggiunge un’interessante nota dolce.

WHITE LADY

Elegante e sofisticato come il nome che porta, il White Lady può essere considerato la versione europea del Margarita, in cui il gin sostituisce la tequila. Al distillato si aggiungono limone e triple sec: si ottiene così un sour dalle note agrumate e dall’elevato tenore alcolico.

MARTINI

London Dry Gin e Martini secco sono i due ingredienti che danno vita a questo cocktail iconico. Da servire in una coppa rigorosamente gelata, il Martini, per essere reso ancora più interessante, può essere guarnito con olio essenziale di limone, un’oliva o una cipollina in agrodolce. Inoltre, per un sapore più complesso è possibile impiegare le stesse quantità di gin e vermouth bianco.

NEGRONI

Aromatico, amaro ed erbaceo, il Negroni è un altro grande classico gettonato per l’aperitivo. Il Negroni, tra i cocktail a base di gin, è il più nostrano: a comporlo, infatti, vi sono gin, bitter e vermouth rosso nelle stesse proporzioni, tre centilitri ognuno. La storia vuole che sia stato inventato a Firenze dal bartender del conte Camillo Negroni quando quest’ultimo chiese di bere qualcosa di più forte di un Americano.

GIN FIZZ

Di colore trasparente con leggere sfumature gialle, il Gin Fizz è uno dei cocktail estivi per eccellenza, nonché il re dei fizz, ovvero dei cocktail sour allungati con soda. Per prepararlo bastano gin, soda, succo di limone e zucchero: miscelandoli si ottiene un drink che si può bere a qualsiasi ora del giorno e della sera. In questo cocktail il gin è il protagonista assoluto, quindi il consiglio è di usarne uno di ottima qualità.

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