Connect with us

pleasure

Come avere un orto “vivo” d’inverno in quattro semplici mosse

Pubblicato

il

Passate anche quest’anno primavera ed estate, periodi come risaputo migliori per la coltivazione degli orticelli domestici sia per la facilità di coltivazione che per la quantità di raccolto, cosa fare del proprio pezzetto di terra? Abbandonare tutto per i mesi più freddi per poi riprendere i lavori con il ritorno del sole e del caldo o continuare a curare le proprie colture?

Con qualche accorgimento, ovviamente, è possibile prolungare l’attività del proprio orto anche nei mesi più freddi, continuando ad ottenere prodotti freschi e di stagione. C’è da dire che la vita autunnale/invernale del “contadino” siculo è decisamente più confortevole e facile di quella del collega padano. Tutta una questione di clima, ma ci sono alcuni accorgimenti comuni a tutte le zone di coltivazione che possono garantire un successo della coltura invernale.

Sembra banale ma prima di tutto bisogna scegliere delle colture idonee alla stagione. Di certo, sarà un po’ difficile, o meglio impossibile, far crescere meloni, angurie o fragole a novembre in Trentino! Tuttavia, ci sono molte piante che si adattano benissimo al freddo come i cavoletti di Bruxelles, le cipolle, l’aglio, i porri, gli spinaci, la verza, alcuni tipi di insalata come lattuga, radicchio, invidia e cicoria, le carote ed i broccoli, solo per citare quelle più diffuse e resistenti.

Una volta scelte le coltivazioni più indicate, bisognerà ridare al terreno gli elementi nutritivi consumati dalle colture estive. Meglio scegliere un concime organico naturale, ed il re di questa categoria resta il letame. Sì a quello bovino ed equino, no a quello suino, troppo liquido e di qualità non eccellente. Se reperire il letame è un problema, ci si può sempre affidare alla torba o, per chi si è organizzato con anticipo, al compost, un ottimo ed economico fertilizzante ottenuto con la macerazione in un bidone di scarti organici di cucina, foglie ed erbacce del giardino.

Una volta risolta la questione fertilizzante, bisognerà pensare a come proteggerle dalle temperature fredde le proprie piantine. Prima di tutto bisognerà rialzare le aiuole di almeno 30 cm predisponendole ad arco, in modo da mantenere le colture più asciutte in caso di abbondanti piogge, riducendo così il ristagno d’acqua.

Poi si può ricorrere alla tecnica della pacciamatura, ricoprendo il terreno da uno strato di materiale per impedire la crescita di erbacce, mantenere l’umidità nel suolo ed innalzare la temperatura dello stesso. Si possono usare materiali naturali come paglia, foglie secche o corteccia, oppure teli a base di amido di mais biodegradabili che durano più di tre mesi.

Infine si può progettare la costruzione di una piccola serra, di un tunnel freddo o l’utilizzo di un tessuto non tessuto. La serra ed il tessuto non tessuto hanno il difetto di non essere alla portata di tutti per via del costo, anche se, per la prima, ci si può ingegnare e costruirsela con il “fai da te”. Il tunnel, invece è molto più semplice ed economico da costruire, garantisce al suo interno una temperatura maggiore rispetto all’esterno e deve essere almeno largo ed alto un metro per funzionare alla perfezione.

Una volta assimilati questi piccoli e basilari accorgimenti, bisogna ricordare che per ottenere un buon risultato nel proprio orticello bisogna avere costanza e metterci tanto amore!

 

Siamo bravi, belli e buoni. O almeno siamo convinti di esserlo! Amiamo cucinare, mangiare, bere, viaggiare, fotografare, conoscere e, in generale, ci lasciamo attrarre da tutto quel che merita un approfondimento. Viviamo lasciandoci calamitare da tutto ciò che piace e ci impegniamo a raccontarlo nel migliore dei modi. Altre nostre grandi passioni: gli animali domestici, l'orticoltura, gli alimenti genuini e sani e l'attività fisica. Come puoi interagire con noi? Scrivici a redazione@zedmag.it

Continua a leggere

pleasure

Fiori e tendenze: il floral design è la nuova meta del mondo botanico

Pubblicato

il

Appartamenti trasformati in serre tropicali. Installazioni floreali che, come cornucopie dell’abbondanza, pendono dai soffitti decorando stanze e sale da pranzo. Corsi di ikebana che spopolano ovunque. Insomma, sembra proprio che il mondo botanico sia entrato a passo deciso nelle nostre vite e nelle nostre abitazioni. Se fino a qualche anno fa piante e fiori erano spesso rilegati negli angoli di casa per riempire gli spazi vuoti, ora sono diventati dei complementi d’arredo che all’interno di un ambiente devono godere di un proprio luogo di elezione, in armonia con ciò che li circonda.

È in risposta alla ricerca di questa armonia che è nato il mestiere del floral designer, una figura professionale nata in tempi recenti che può essere intesa come uno stilista di fiori e piante. Sebbene non esistano corsi che conferiscano questo titolo, un floral designer deve avere una conoscenza approfondita della storia dell’arte, dell’estetica, della moda e del design. Inoltre, come un fiorista, deve conoscere il mondo vegetale e sapere come manipolare e lavorare fiori, foglie e piante in relazione all’ambiente nel quale le composizioni vanno inserite e all’occasione per cui vengono richieste. Perché solo il tocco esperto di un floral designer può vivacizzare uno spazio, interno o esterno che sia, creando ambientazioni suggestive.

Molti floral designer sono diventati delle icone del settore, grazie al loro sguardo avanguardista e alla capacità di innovarsi continuamente. In Italia, tra i nomi più importanti, spiccano Antonio Magi e Mari Therese Nielsen, fondatori di Tuscany Flowers, che dal 1997 con il loro stile inconfondibile allestiscono eventi in tutta Europa, e Derek Castiglioni, un outdoor space designer, che collabora con importanti studi di architettura e di design italiani e internazionali nella creazione di spazi verdi esterni.

Nicola Falappi.

Per conoscere meglio questo mondo in continuo divenire, abbiamo chiesto a Nicola Falappi, floral designer di Brescia e proprietario di Studio Quaranta Idee & Progetti, quali sono le tendenze per il 2023. «Il plurale è corretto: oggi ci sono più tendenze, – racconta Nicola – dovute alle contaminazioni che, quotidianamente, portano le coppie più attente ai cambiamenti ad avere nuovi stimoli. Il mio percorso è improntato sulla riscoperta dei fiori semplici e di stagione, sulla creazione di abbinamenti morbidi e sull’utilizzo non solo di erbe aromatiche, ma anche graminacee e, in alcuni periodi, di ramage. Amo gli allestimenti monoessenza con, ad esempio, solo delphinium, rose, peonie o ortensie, dove posso giocare con le sfumature di colore. Per il 2023 il colore di tendenza, almeno per il mio studio, sarà l’azzurro in ogni sua tonalità, glicine compresa».

Mentre alla domanda “quale fiore regalare a San Valentino?”, Nicola ci ha risposto: «La rosa non può mancare, e si possono mescolare rose rosse di varietà diverse. Il gesto di donare dei fiori è, però, il vero regalo e ogni persona dovrebbe ricevere il fiore che ama. Sono per la riscoperta neoromantica del fiore: il mio potrebbe essere un giglio di sant’Antonio o un bucaneve».

Continua a leggere

pleasure

La Maratona dles Dolomites: 8000 ciclisti si sfidano tra le montagne altoatesine

Pubblicato

il

Mancano ormai pochissimi giorni al 7 luglio, data che quest’anno segna il via della 37a edizione della Maratona dles Dolomites – Enel: organizzatori, volontari e ciclisti sono pronto a dare vita allo storico evento, il cui tema è Mutatio, inteso come metamorfosi in grado di generare negli atleti un cambiamento positivo al cospetto di madre natura.

Alcuni numeri

Gli iscritti, per questa edizione, sono 8.000, di cui 4.000 sorteggiati e 4.000 partecipanti di diritto, mentre le richieste totali sono state oltre 31.000. Il peloton italiano comprende il 50% dei partecipanti, quello estero l’altro 50%; settantanove le nazionalità presenti, di cui trentanove non europee, la cui quota al femminile riguarda il 12,5%. Inoltre, 102 delle 107 province italiane saranno rappresentate alla maratona, fatto che la rende la manifestazione sportiva italiana più rappresentata a livello nazionale.

I percorsi

I tre percorsi sono ormai un classico non solo della maratona, ma del ciclismo in assoluto: la Maratona con 138 chilometri e 4,230 metri di dislivello, il Medio con 106 chilometri e 3.130 metri di dislivello e il Sellaronda con 55 chilometri e 1.780 m di dislivello. Il fascino della corsa è nella mancanza assoluta di veicoli auto-motociclistici: le strade chiuse al traffico rendono l’evento un’esperienza imperdibile per ogni appassionato di ciclismo. Del resto, pedalare sui passi dolomitici è come ripercorrere l’epica del ciclismo stesso e farlo nella massima libertà è qualcosa di inappagabile.

Le medaglie

L’atmosfera della Maratona dles Dolomites – Enel non si esaurisce al traguardo: continua nella creazione delle sue iconiche medaglie, autentiche testimonianze che riflettono l’armoniosa fusione tra la bellezza naturale delle Dolomiti e l’eccellenza artigianale dei suoi creatori. Alla base di queste preziose medaglie ci sono materiali selezionati con cura: 1,5 metri cubi di robuste tavole di legno di abete rosso, spesse 60 millimetri, e 100 metri quadrati di tavole patinate dal sole, recuperate da vecchi fienili. L’unione di legno nuovo e antico vuole sottolineare la trasformazione del tempo, la Mutatio. Il processo di creazione inizia con la divisione delle tavole di abete rosso e delle tavole patinate dal sole in pezzi più gestibili, dando vita a un intricato puzzle di legno. Questi frammenti vengono poi assemblati, unendo le tavole appena tagliate con quelle patinate creando così la base ideale per le medaglie. Successivamente, le medaglie vengono tagliate in forma circolare e il logo “Mutatio” viene inciso con cura sul legno, conferendo a ogni medaglia un tocco distintivo e autentico.

Arriva la Supermaratona

L’alpinista valdostano Hervé Barmasse e la Maratona dles Dolomites – Enel hanno presentato la Supermaratona, un progetto nuovo che coniuga la passione sportiva a un viaggio rievocativo, che altro non è che un invito a immergersi nella storia e nella cultura delle Dolomiti attraverso il ciclismo. Hervé, il primo a cimentarsi in questa sfida nei giorni che precedono la maratona, affronterà tutte le salite scalate nelle trentasetta edizioni in un itinerario lungo 285 chilometri con un dislivello di 8.400 metri e che attraversa tredici passi dolomitici, parte integrante e magnifica della storia del ciclismo: una sfida senza precedenti.

In seguito, chiunque potrà cimentarsi in questa sfida concepita soprattutto come una sfida nei confronti di se stessi. Con la Supermaratona, gli organizzatori vogliono celebrare la storia del ciclismo e il suo costante cambiamento, esaltando la continua mutazione della vita umana.

Il piatto della maratona

Grazie alla collaborazione di Andrea Irsara, chef locale del Gourmet Hotel Gran Ander”di Badia e di Elena Casiraghi, specialista in nutrizione e integrazione dello sport, nasce un piatto che esalta la territorialità, impiegando ingredienti selezionati utilizzati consapevolmente per evitare sprechi e rispondere efficacemente alle esigenze degli atleti. Le scelte nutrizionali sono state studiate per soddisfare i requisiti specifici dei ciclisti e degli sportivi, garantendo un apporto bilanciato e funzionale. Questo il piatto: fusilli fatti in casa con grani antichi, beurre blanc all’essenza di mele fermentate e tartare di trota e Granny Smith.

La maratona è beneficenza

In questa edizione i progetti di beneficenza principali sono tre. L’associazione Insieme si può Onlus/ONG si impegna in un progetto destinato all’educazione di qualità in Uganda. L’associazione Widmanns contribuisce alla formazione di chirurghi africani e all’assistenza medica intensiva presso il Nhkhoma Hospital in Malawi. Infine, l’associazione C’è Da Fare ETS si dedica al sostegno psicologico e psichiatrico dei giovani adolescenti in difficoltà.

La diretta TV

In onda su Rai 2 dalle 6.15 alle 12, la diretta televisiva è un’importante vetrina per il territorio e per il ciclismo cicloamatoriale. Grazie alle immagini televisive, la volontà è trasmettere e divulgare a pieno la cultura ladina con le sue usanze e tradizioni, mostrando i paesi, noti e meno noti, che s’incontrano lungo i tracciati. Durante la diretta, oltre a seguire le gesta dei ciclisti, si raccontano storie, si ospitano amici e soprattutto si trasmettono emozioni. Durante la diretta verrà anche seguito uno degli atleti di Obiettivo3, il progetto ideato da Alex Zanardi per sostenere persone con disabilità nello sport. Gli atleti di Obiettivo3 parteciperanno alla Maratona in preparazione alle Paralimpiadi di Parigi 2024.

Per essere informati su tutte le iniziative e le novità riguardanti la maratona e per conoscere gli interventi e i saluti dei protagonisti di questa edizione basta collegarsi al sito web maratona.it/it/magazine.

Continua a leggere

pleasure

Hygge, la via danese per la felicità e il benessere è molto più di uno stile di vita

Pubblicato

il

C’è un sentimento che la stagione fredda porta con sé, una sensazione che nel corso dell’autunno e dell’inverno è amplificata dal bisogno di ricercare uno spazio proprio in cui trascorrere il tempo, in attesa dell’arrivo della primavera. Si tratta dell’hygge, una filosofia di vita scandinava.

Hygge, la cui pronuncia è ügghe, è una parola di origine danese intraducibile in italiano che indica quella sensazione di accoglienza, calore e intimità che nasce da una situazione di benessere o appagamento. L’hygge, come il wabi sabi in Giappone, permea la cultura danese e, in generale, quella nordica in ogni suo aspetto: è un’emozione innata per i danesi, un qualcosa a loro così famigliare che ne scandisce la quotidianità e che sta alla base della ricercata felicità scandinava.

La parola deriva dal norvegese hugga, termine risalente al XVI secolo che significa “consolare, confortare” e, allo stesso tempo, il concetto di hygge si rifà a quello svedese di lagom, una sorta di moderazione mossa dall’equità e dall’uguaglianza. Ciò a dimostrazione del fatto che questo modo di affrontare la quotidianità è trasversale a tutti i Paesi del Nord Europa.

L’hygge ha conosciuto un vero e proprio boom al di fuori dei confini della Danimarca tra il 2016 e il 2017, e da quel momento si è proposto come una tendenza a livello mondiale. In Regno Unito, nel 2016, il termine hygge è entrato nella classifica delle parole dell’anno, su Pinterest, alla fine dello stesso, la sua ricerca è cresciuta del 285% e a oggi su Instagram l’hashtag #hygge conta otto milioni e mezzo di post.

Il grande successo dell’hygge può essere imputato a due fattori tra loro complementari: il bisogno di rallentare per apprezzare le piccole cose e uno stile d’arredo facilmente riconoscibile che, negli ultimi tempi, è diventato di gran moda.

Uscire per una scampagnata in bicicletta ammirando la natura circostante, organizzare una cena tra amici in cui condividere piatti semplici e saporiti, sorseggiare in un piovoso pomeriggio una tazza di tè o di cioccolata calda contando le gocce di pioggia che corrono sulla finestra, gustare una fetta di torta nella propria pasticceria preferita mentre si sfoglia un romanzo: questi sono alcuni dei gesti, semplici e naturali, che esprimono appieno la filosofia dell’hygge.

Secondo l’hygge, la casa diventa un nido, un rifugio in cui trascorrere momenti gratificanti da passare sia in solitudine sia in compagnia; per questa ragione colori, materiali e complementi d’arredo rivestono un ruolo importante nella creazione di uno spazio hyggelig. I toni neutri e naturali sono i più indicati: colori come il beige, il marrone chiaro, il grigio e il bianco costituiscono la palette base alla quale, per creare uno stacco cromatico, è possibile aggiungere il nero e il blu oltremare, ma anche un tocco di verde, dato da fiori e piante. Queste ultime, infatti, contribuiscono a rendere l’ambiente più confortevole aumentando il senso di benessere.

Tra i materiali, i più impiegati sono quelli naturali: la pietra con la sua consistenza materica, il cemento ruvido al tatto, il legno, meglio se grezzo o massello, e le fibre vegetali. A questi si possono accostare pelle, cuoio e metalli, senza che la loro presenza si faccia invadente; da evitare invece la plastica.

L’hygge rimanda a uno stile essenziale e minimale, il quale prevede che la maggior parte degli oggetti posseduti non sia esposta ma conservata con cura in armadi e cassetti. Ci sono, però, dei complementi d’arredo irrinunciabili, necessari per rendere hyggelig la propria casa. Una stufa a legna o un camino concorrono ad aumentare il senso di accoglienza e convivialità e possono essere considerati come l’elemento cardine da cui iniziare ad arredare il soggiorno; attorno a essi si possono disporre una libreria e una poltrona, così da creare un piccolo angolo lettura, e un tavolino, per godere di una lenta merenda davanti al fuoco che crepita. Inoltre, non devono mancare fiori essiccati posti in piccoli vasi, candele profumate, meglio se prodotte con cera di soia, e coperte di lana. Per finire, è bene prediligere i grandi spazi e optare, se possibile, per un open space in cui bilanciare i vuoti e i pieni.

Continua a leggere

Trending