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Sabadì, per avere successo basta guardare “oltre”

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Di sicuro, Sabadì è una realtà controcorrente. Lo si capisce, prima di tutto, dal titolare, Simone Sabaini, che dal Veneto si è trasferito a Modica, estrema punta della Sicilia Sud Orientale (un’emigrazione storicamente alla rovescia) per tuffarsi nel mondo del cioccolato aprendo la sua impresa artigianale, o meglio micro impresa, con cinque persone.

sabadiLo si capisce dai prodotti innovativi, oltre che buoni (il cioccolato di Modica biologico al pepe bianco di Sarawak ha vinto il premio “Tavoletta d’oro 2013”), come il “cioccolato di Modica” che viene lavorato sì secondo tradizione, ma temperando il cioccolato, rendendolo lucido, compatto ed evitando l’affioramento del burro di cacao; o come la cioccolata in tazza, che non è la solita polvere da sciogliere nel latte, ma è vero e proprio cioccolato “aggrappato” ad un cucchiaio di legno che, in un minuto e mezzo, si scioglie nel latte caldo; senza dimenticare “La Qualità della Vita”, ovvero la linea di prodotti che risaltano, grazie a numerosi ingredienti presidi Slow Food, la cinque proprietà del cioccolato: antiossidante, immunostimolante, afrodisiaco, antidepressivo e antistress.

Lo si capisce infine dalla filosofia che sta dietro alla piccola cioccolateria, che concentra ed amalgama il prodotto, il cioccolato, con il design ed il life style. Una filosofia che ha portato negli scorsi mesi a concretizzare un progetto unico (creato con la collaborazione di Happycentro): il Food Chocolate Design. Di che si tratta? Sono stati selezionati otto produttori artigianali  fuori dagli schemi comuni, che da tempo hanno intrapreso un percorso radicale, coerente e dalla chiara visione, degli innovatori per farla breve. Con il cioccolato di Modica Sabadì sono stati creati otto abbinamenti con altrettanti prodotti di qualità che, grazie a otto famosi e brillanti food blogger si sono trasformati in sedici ricette, a loro volta tradotte e interpretate da sedici graphic designer italiani.

Simone SabainiSimone (nella foto qui a sinistra), dal Veneto alla Sicilia per lavoro. Nessuno ti ha mai dato del folle?
In realtà ho prima scelto di vivere a Modica, poi il lavoro mi ha consentito di farlo. Non so dire se la dose di follia così aumenti o diminuisca agli occhi altrui… quello che so è che sono molto felice della scelta fatta. Faccio la vita che ho sempre voluto fare, mi circondo di bellezza, mi prendo il tempo per pensare, per le mie passioni.

I nomi dei tuoi prodotti sono accattivanti. Come nascono e chi è l’autore?
Ritengo che un processo creativo giunga al compimento quando viene tolto tutto quanto non sia necessario a rappresentare verità e bellezza. In questo spirito nella linea “Qualità della vita” il nome del prodotto assume una connotazione didascalica, una definizione da dizionario. La parola nella sua essenza diviene così evocativa, tutto il resto lo fa il prodotto. Nella linea “Cioccolato di Modica” la materia prima è così importante da prendere vita e meritare un nome. La personificazione dell’ingrediente lascia trasparire la nostra ricerca, la nostra passione. Credo di aver risposto alla tua domanda 🙂 >> (hai fatto centro, ndr)

Riproporrai il contest Food.Chocolate.Design o si è trattato di un format inserito solo nell’ultima edizione di Taste?
Ho fortemente voluto questo progetto. Un progetto complesso, molto ambizioso se vogliamo. In un processo creativo del tutto assimilabile, artigiani del gusto si confrontano con artigiani della progettazione grafica con l’obiettivo comune di dimostrare quanto i due mondi siano affini ed abbiano assieme un grande potenziale espressivo. Poiché nella vita ho deciso di investire sulle mie passioni, Food.Chocolate.Design tornerà con cadenza biennale a partire dal 2015. Assumerà altre forme, si misurerà su altri temi, cercherà in ogni caso sempre bellezza.

Vi è venuta un’irrefrenabile voglia di cioccolato di Modica?
Quelli di Sabadì sono troppo avanti. Grazie al geolocalizzatore è possibile scoprire il punto vendita più vicino al tuo quartiere.

Giornalista dal 2000 ed "esperto" del settore food&beverage. Ripongo grande attenzione agli strumenti che i new media mettono a disposizione e penso che fotografia e video siano fondamentali per poter comunicare al meglio. In passato, ho anche maturato esperienze nel settore del marketing operando nelle vesti di senior account e PR in diverse agenzie di comunicazione. Sono appassionato di cucina, di fotografia e di giardinaggio. CrossFitter dal 2016. Qualcuno mi ha definito poliedrico, ma alla domanda "cosa ti piace fare nella vita" rispondo semplicemente "comunicare".

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Torna la Festa dell’Orto in Condotta Slow Food: quasi 500 le classi coinvolte

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Sarà l’impronta idrica il tema della Festa dell’Orto in Condotta 2020, la giornata con cui Slow Food celebra tutte le scuole che prendono parte allo storico progetto educativo dell’associazione della Chiocciola, lanciato a metà anni Novanta negli Stati Uniti e approdato in Italia nel 2004. La festa, come ogni anno, si svolge l’11 novembre in occasione di San Martino, il giorno che tradizionalmente segna la messa a riposo dei campi. Per gli oltre 9.000 alunni tra 1 e 13 anni, iscritti alle 472 classi scolastiche coinvolte – asilo nido, scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado di dieci regioni d’Italia – sarà l’occasione per approfondire alcuni aspetti che riguardano il bene più prezioso di tutti: l’acqua. Un tema che rimarrà poi al centro delle attività didattiche, in aula e in orto, durante tutto l’anno scolastico.

Il titolo scelto per l’edizione 2020 dell’evento è “Tutto lascia un’impronta” e fa riferimento a come l’acqua sia indispensabile in ogni attività, e di come perciò l’uomo ne faccia continuamente ricorso. Non soltanto come risorsa con cui dissetarsi o lavarsi, naturalmente, ma anche e soprattutto per l’utilizzo che se ne fa in agricoltura: la stragrande maggioranza dell’acqua consumata, infatti, serve a coltivare il cibo di cui ci nutriamo. Occorre imparare a gestire questo bene in maniera accorta, a usarla in modo parsimonioso, a tutelarne le fonti preservandola da contaminazione e inquinamento. E occorre farlo fin da piccoli.

Per l’edizione 2020 della Festa dell’Orto, Slow Food ha pensato di organizzare un momento in grado di unire alunni e insegnanti di tutta Italia nonostante le difficoltà dettate dalla pandemia di Covid-19. L’appuntamento è per mercoledì 11 novembre alle 10,30 quando verrà trasmesso in diretta sul sito www.terramadresalonedelgusto.com e sul canale YouTube di Slow Food Italia un breve momento didattico: sarà un’occasione per ritrovarsi tutti insieme, seppur in maniera virtuale, sentirsi una volta di più parte di un’unica grande rete e svolgere insieme una breve attività sull’acqua bene prezioso. Tra le proposte nel corso della diretta di mercoledì 11, anche la lettura di una breve filastrocca di Gianni Rodari dedicata all’acqua bene comune.

Quella trasmessa online sarà insomma una sorta di cerimonia che darà inizio a tutti gli approfondimenti da fare in orto e in aula durante l’anno. Ogni classe aderente al progetto Orto in Condotta ha infatti ricevuto un kit con una serie di attività da svolgere, diverse in base all’età degli alunni ma accomunate tutte da un approccio quanto più possibile ludico ed esperienziale, per far sì che bimbi e ragazzi capiscano l’importanza dell’acqua e i modi in cui ognuno di noi può ridurre la propria impronta idrica, a partire da piccoli e semplici gesti quotidiani.

Tra le attività pensate per essere realizzate in classe con docenti e compagni, ce ne sono alcune facilmente replicabili anche a casa, in compagnia di genitori, nonni, fratelli e sorelle. Tra queste c’è Quanto zucchero… beviamo?: armati di bicchieri, zucchero e lattine di alcune bevande zuccherate, i bambini e gli adulti eserciteranno il loro senso del gusto e impareranno a scegliere l’acqua per dissetarsi e a limitare il consumo di succhi e bibite.

Il progetto dell’Orto in Condotta gode del supporto dei partner EcorNaturaSi, Irritec e Life e dei Sostenitori ufficiali di Slow Food Italia. Per informazioni sul progetto scrivere a educazione@slowfood.it.

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La Dolomitica: il pic nic d’alta quota più stellato d’Italia

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La pioggia non ha rovinato il programma della giornata. Ok, non siamo finiti sui prati assolati ai piedi del Parco Naturale Fanes-Senes-Braies, ma gli spazi del Rosa Alpina e del Ristorante St. Hubertus di San Cassiano (Alta Badia) hanno saputo rendere onore a La Dolomitica, l’evento, andato in scena nei giorni scorsi, che si presenta come il pic nic più “stellato d’Italia.

Sono infatti sette le “stelle” che hanno partecipato: per l’Alta Badia Norbert Niederkofler (Ristorante St. Hubertus c/o Relais & Chateaux Hotel Rosa Alpina di San Cassiano/Alta Badia, 2 stelle Michelin), lo chef stellato più giovane d’Italia, Matteo Metullio (Ristorante La Siriola c/o Hotel Ciasa Salares di San Cassiano/Alta Badia) e Nicola Laera (Ristorante La Stüa de Michil c/o Hotel La Perla di Corvara/Alta Badia); per  Cortina d’Ampezzo Graziano Prest (Ristorante Tivoli), Oliver Piras (AGA Ristorante) e Francesco Paonessa (Ristorante Al Capriolo).

Per l’Alta Badia hanno partecipato inoltre i ristoranti Gourmet Hotel Gran Ander (chef Andrea Irsara), La Gana c/o Hotel Cristallo (chef Massimo Busin), Hotel Sassongher (chef Francesco Lavarini), Hotel Diana (chef Simon Tirel) e Hotel Col Alto (chef Andrea Corinaldesi), mentre per Cortina si sono cimentati tra i fornelli anche gli chef dei ristoranti El Brite de Larieto (chef Riccardo Gaspari), Hotel Europa (chef Maurizio Aluotto), Da Aurelio Ristorante (chef Gigi Dariz), Hotel Cristallo (chef Fabrizio Albini) e Rosa Petra Spa Resort (chef Alessandro Favrin).

L’evento, che si tiene ogni anno ad inizio agosto, vuole avere un forte messaggio ecologista. Anche per questa edizione sono stati infatti utilizzati prodotti locali ed energie rinnovabili, cucinando con il minor impatto possibile. Inoltre si è mangiato con piatti e posate interamente biodegradabili per contribuire alla salvaguardia dell’ambiente,  in un’ottica di eco-sostenibilità in ogni ambito dell’iniziativa.

Per restare aggiornati sugli eventi Alta Badia: www.altabadia.org

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Bistrot a Milano: quel “Rebelot” sui Navigli che ci piace tanto

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Siamo sui Navigli, a Milano, un muro ci separa dal più famoso Pont de Ferr. Il suo bistrot, il Rebelot, che nel dialetto milanese vuol proprio dire “casino” ci piace veramente tanto. Sarà che nelle ultime settimane ci sono stato tre volte e in tutte le situazioni sono rimasto piacevolmente sorpreso, sia per la tecnica dello chef Mauricio Zillo che per l’atmosfera che si viene a creare.

Mauricio ZilloL’idea è bellissima, un bar con un bel bancone e cocktail elaborati e una piccola sala con cucina a vista dove si può vedere l’intera brigata all’opera. Ho sempre avuto la fortuna di sedermi al bancone che dà direttamente sulla cucina, con la possibilità di poter parlare con lo chef mentre ti prepara la cena. E, una cena qui, si fa ancora più interessante dalle proposte che vengono offerte nel menu: o si scelgono una serie di tapas e piatti oppure c’è la possibilità di cenare con un “menu gastronomico” che rimane segreto fino al momento in cui ti trovi nel piatto quello che lo chef ha creato per te. E la formula del menu gastronomico diventa ancora più interessante quando ti viene proposto di scegliere cosa non voler mangiare e depennarlo da una lista della spesa che cambia a seconda della disponibilità dei prodotti e dall’inventiva dello chef.

La prima volta in cui sono stato al Rebelot, un po’ inesperto, mi sono attenuto alle regole e ho preso due tapas, per provare la cucina dello chef brasiliano di cui tanto avevo sentito parlare. Le volte successive mi sono fatto cogliere di sorpresa e tra i piatti che più ho apprezzato ricordo la crema di zucca con ostrica, ‘nduja e tendine di vitello soffiato e la pernice rossa con mela cotogna e verza. Il Rebelot è un vero casino perchè è scompigliato, nonostante in questo disordine apparente ci sia un rigore assoluto, nell’elaborazione dei piatti e nella cucina che opera sotto lo sguardo vigile dello chef Mauricio Zillo (nella foto il primo a sinistra, al fianco di Matias Perdomo, Eleonora Cozzella, Oriù Busnelli e Francesca Romana Barberini).

E assolutamente da non perdere la selezione di cocktail, sicuramente più buoni di quelli che potrete trovare negli altri locali dei Navigli, recità la lista. Insomma, io consiglio vivamente una serata qui, sicuramente non ci si annoia e si sta con il palato soddisfatto.

 

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